In un freddo lunedì di Febbraio incontriamo Giuseppe Romanengo, ottava generazione alla guida dell’omonima storica azienda genovese. Giuseppe è il responsabile di produzione e con grande disponibilità ci guida all’interno dei cinque laboratori della palazzina di via Mojon, costruita appositamente negli anni 20 del 1900 per consentire l’ampliamento del laboratorio che prima di allora era dislocato in diverse unità nel centro storico di Genova.
Tutto nasce alla fine del 1700, nel 1780 più precisamente, come commercio di spezie, attività all’epoca molto comune nella nostra città Genova portuale, un po’ come succedette anche a Venezia. Il commercio delle spezie durò qualche anno dopodiché Romanengo intuì la necessità di conservare la frutta, non tanto per il consumo “a terra”, bensì per renderla disponibile a bordo durante i lunghi viaggi che i mercantili dovevano affrontare. La frutta candita divenne quindi una specialità genovese molto conosciuta tra i naviganti di ogni città perché permetteva un’importante fonte di approvvigionamento di vitamine e non necessitava di essere conservata al fresco quindi ideale per il trasporto a bordo.
Successivamente, nel 1800 Romanengo dimostra grande capacità di adattarsi a un mercato in continua evoluzione e diventa la confetteria che noi tutti oggi conosciamo cioè una confetteria di stampo francese perché a quel tempo hanno iniziato a diffondersi delle abitudini culinarie che hanno cambiato il concetto di cibo non più visto esclusivamente come fonte di sostentamento ma anche come fonte di piacere che prese campo ovviamente soprattutto nelle corti delle famiglie più abbienti. Questo preambolo ci è stato illustrato nell’ingresso della palazzina e ho fatto particolarmente fatica a concentrarmi sul racconto di Giuseppe dato che il mio naso è stato completamente avvolto dall’odore del cioccolato fuso in fase di lavorazione misto all’odore delle scorzette di agrumi che proveniva dalle vasche di canditura. I miei sensi sono stati sollecitati in maniera sublime perché anche alla vista lo spettacolo di questo laboratorio artigianale ha del magnifico. Per non parlare della frase ingresso “Cerca il bello, troveri quello che nemmeno sognavi” che, unitamente alla Madonnina in ceramica circondata da fiori e frutta, tipico decoro genovese dei primi del Novecento, sopra il portone di ingresso dello stabilimento.
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Tra i più recenti progetti dell’azienda c’è quello di implementare la sostenibilità legata alla provenienza del cacao, un blend di elevatissima qualità che viene lavorata insieme allo zucchero e alla polvere di latte (quando si vuole ottenere il cioccolato al latte) in due tipi di macchinari diversi per attraversare due fasi di lavorazione: la miscelazione e la successiva raffinazione che rende il cioccolato con la giusta plasticità per essere modellato nei vari stampi di cioccolatini, ovetti, uova di Pasqua, glasse di copertura e tutta una serie di prelibatezze che hanno ognuna un odore leggermente diverso; le sfaccettature del cacao e del cioccolato presenti in questi ambienti sono inimmaginabili.
Una delle macchine presenti in laboratorio che rendono il cioccolato “fondant” è stata inventata dal sig. Lindt nel 1879, prima di allora non esisteva questo tipo di lavorazione ma si avevano i cioccolati un po’ più granulosi, farinosi tipo quello di Modica per intenderci! Questo tipo di macchina è a lenta lavorazione, ci vogliono più di 72 ore, ed è alla base della qualità del processo che distingue i prodotti Romanengo dai prodotti più commerciali in cui i tempi di lavorazione sono stati abbreviati per ovvie dinamiche economiche. L’ultima fase di lavorazione è la temperatura che permette di raggiungere il corretto livello di lucentezza e di non avere la superficie maculata e opaca: nei prodotti “di nicchia” ogni dettaglio è importantissimo infatti anche la fase di confezionamento dei prodotti riveste una grandissima importanza, vengono utilizzati packaging ricercatissimi, che partono dalle veline, alle scatole in cartonato, fino alle magnifiche scatole di legno realizzate da un artigiano locale.
Passando al reparto canditi è importante sottolineare che Romanengo lavora solo frutta di stagione infatti noi abbiamo avuto modo di assistere alla canditura dei mandarini (e anche di assaggiarli!), parte della loro offerta che include anche i famosissimi fiori di Violetta, i petali di rosa, per non parlare di marroni, pere, albicocche, prugne e fragole, che sono proposte anche come marmellate. Il processo di canditura è molto lento sia nella fase di preparazione del frutto, dalla pelatura al denocciolamento, che vengono fatti a mano, un frutto per uno, che naturalmente la fase di “bagna” nelle apposite vasche: un processo di osmosi durante il quale lo sciroppo di zucchero viene assorbito dalla frutta “punzecchiata” con appositi strumenti che creano i canali attraverso cui passa il liquido; questa fase può durare dai cinque ai venti giorni a seconda del tipo di frutto.
Al piano di sopra troviamo il laboratorio per la confettatura dove vengono trattate non solo le mandorle, di provenienza italiana ricordiamolo, ma anche pistacchi e finocchietto e ultima novità il cardamomo; il laboratorio per la lavorazione della pasta di mandorle che serve, tra le altre cose, per la preparazione dei “quaresimali” uno dei prodotti più iconici di Romanengo; in ultimo, proprio prima dell’atelier dove avviene il confezionamento, ci sono i macchinari per la lavorazione dello zucchero unitamente ad aromi e coloranti. E’ proprio qui che nascono le rinomate “gocce di Rosolio” altra specialità della casa, le ginevrine, famosissime caramelline di zucchero colorate che hanno accompagnato l’infanzia di ogni bambino genovese e le gelatine.
In questo stabilimento lavorano artigiani specializzati che con grande cura e attenzione seguono non solo le delicatissime fasi di lavorazione ma anche il raffinato confezionamento dei prodotti che si trovano nei famosissimi punti vendita genovesi di via Soziglia e di via Roma, nel nuovo concept di Milano di via Caminadella e sul sito www.romanengo.com che rende disponibili queste specialità a un pubblico più vasto.
Vi vorrei raccontare ancora tanti altri progetti di questa azienda, dal restauro della cornucopia dello storico negozio di via Soziglia, che presto diventerà anche caffetteria, alle persone che ci sono dietro questa realtà, che si sono innamorate della sua bellezza e che si impegnano a sviluppare progetti a sostegno di questa realtà il cui punto vendita è anche Bottega storica, purtroppo lo spazio è tiranno, un po’ come il tempo, pertanto spero di avervi incuriosito e stimolato a cercare le origini dei prodotti, a scoprire le storie dei brand e a dedicarci alla valorizzazione di quanto abbiamo nel nostro territorio. Il mio naso è un’ottima guida, raramente sbaglia!