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San Fruttuoso di Camogli: dove mare, macchia mediterranea e pietra convivono da millenni.

Il promontorio di Portofino non smette di sorprenderci nascondendo, incastonata in un’insenatura profonda per proteggerla dagli avvistamenti delle navi al largo, la magnifica Abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte, meglio conosciuta come Abbazia di San Fruttuoso di Camogli. Per me una delle sette meraviglie del mondo.


Abbazia di San Fruttuoso

Innanzitutto questo luogo mi riporta alla mia infanzia, alle sere d’estate felici e spensierate quando, ammirando dal mare, mi perdevo a osservare gli abitanti del piccolo borgo tirare le reti da pesca, lavare i pesci in un angolino remoto della spiaggia proprio sotto le volte dell’abbazia, stendere i panni; ricordo nettamente un cestino di paglia che veniva calato da una delle finestre per essere riempito di cose dalla spiaggia che in questo modo venivano portate ai piani alti. Negli anni questo luogo è cambiato tantissimo ma ha conservato un’atmosfera autentica che mi permette di trascorrere sempre dei momenti sereni e gioiosi, lontano dai ritmi frenetici cui siamo ormai abituati.



Mi ha sempre colpito il numero elevatissimo di cose che si possono fare in un luogo così piccolo di cui, vi confesso subito, ciò che evito sempre è andare in spiaggia soprattutto durante gli orari di attracco di vaporetti cioè dalle 9.30 del mattino alle 18 circa a causa dell’elevato numero di persone che giustamente si godono il mare. Io amo invece andare prima del primo sbarco oppure alla sera, per non parlare delle rare giornate invernali in cui mi è capitato di fare una gita in questo magnifico luogo.

 

La calma della baia di San Fruttuoso

In ogni modo, arrivando dal mare, l’abbazia si scorge come ultima cosa, come fosse un gioello tenuto nascosto dalle rocce del monte che si chiamano “conglomerato di Portofino” e hanno un’origine geologica ben precisa che le rendono uniche al mondo attirando specialisti e appassionati che le studiano attraverso i tanti sentieri percorribili all’interno del Parco.

 

La baia presenta due insenature, una più a est dove sorgono alcuni piccoli edifici e si trova l’antico mulino del paese, mentre di fronte si scorge la spiaggia, che è stata accidentalmente creata dall’alluvione del 1915 che ha distrutto una parte dell’abbazia i cui resti hanno dato origine al ciottolato che vediamo oggi; alla sinistra dell’imponente, elegante monastero benedettino dell’anno mille circa, si addossano gli edifici che una volta erano le abitazioni dei pescatori negli anni diventate un delizioso albergo e ristorante che si affaccia sul molo di imbarco e sbarco.

 

La baia di levante

Le cose che avrei da descrivervi e suggerirvi sono tantissime e il rischio di diventare prolissa me lo impedisce, pensate che la casa editrice genovese Tuss Edizioni ha pubblicato un libricino interessantissimo che si chiama: “Sanfru – 51 cose da fare o immaginare a San fruttuoso di Camogli”, scritto da Gianluca Longhi contiene illustrazioni disegnate a mano veramente carine a cui vi rimando per ispirarvi.

 


Una costante estiva di questo luogo magico è il costante frinire delle cicale e anche la palette di odori è notevolissima. Si potrebbe pensare che le note marine la facciano da padrone quando in realtà sono naturalmente miscelate agli odori tipici della macchia mediterranea che, di tanto in tanto, accompagnati dalla brezza di terra mi raggiungono sorprendendomi. L’odore resinoso del pino marittimo, la cui corteccia è inconfondibile, unito ai sentori del leccio e del castagno creano un sottofondo boschivo a cui, a seconda della stagione, si aggiungono i sentori dei fiori di ulivo piuttosto che l’odore fruttato del corbezzolo. Scendendo a terra invece predominano le note minerali, fredde dell’ardesia spaccata mista ai sassi polverosi della spiaggia che esprimono il loro massimo entrando nel chiostro dell’abbazia dove però permane un antico albero di fico che sprigiona le sue tipiche note verdi, a tratti fruttate, lattoniche che lo rendono inconfondibile e ne anticipano la presenza ancor prima di vederlo.

 

Il Chiostro dell'abbazia

Nel 1983 l’abbazia fu donata al FAI dalla famiglia Doria Pamphili e ancor oggi è gestita con passione e competenza sotto la guida del preparatissimo Direttore Alessandro Capretti con il quale vi suggerisco di effettuare la visita su prenotazione o nelle occasioni programmate che si possono consultare sul profilo Instagram sempre aggiornato.



Da non perdere assolutamente una piccola sosta seduti su una delle panchine dell’appena ristrutturato giardino dell’abbazia da cui si gode una vista mozzafiato immersi in un’atmosfera di tranquillità infinita.

 


Non posso non parlarvi però della mostra fotografica “Ossi di seppia” visitabile fino al 16 Febbraio 2025: con questa installazione, come si legge nell’introduzione di Daniela Bruno, direttrice culturale dell’associazione, siamo invitati a riflettere sulla natura e sul valore del paesaggio per poterlo ammirare con calma attraverso i dettagli, osservando con gli occhi per capire con la testa e sentire con il cuore.



Nella mansarda sopra il chiostro sono espositi gli scatti in bianco e nero di Ugo Mulas che ci mostrano perfettamente il paesaggio ligure accostandolo in parallelo ai versi di Eugenio Montale che non si limitano alla descrizione dei luoghi ma ci permettono di coglierne l’anima. Il fotografo aveva amato molto, ai tempi del liceo, i versi del poeta che lo avevano stimolato ad andare alla ricerca di quei luoghi per poter dar loro “un volto” ed ecco quindi che troviamo gli scatti della casa di Montale a Monterosso, il mare spesso ripreso in controluce, la macchia delle nostre riviere, e infine il ritratto di Montale con l’upupa che probabilmente è uno degli scatti più iconici di questa mostra. Prendetevi il tempo di perdervi in questi dettagli esposti in un luogo magnifico che nutre l’anima e appacifica i sensi.

 

Una visita la merita anche la Chiesa (orario Santa Messa domenicale 10.40) in cui si trova la copia della statua del Cristo degli Abissi creata da Guido Galletti e deposta nel 1957 a 17 metri di profondità, all’ingresso della baia verso levante. L’area è delimitata da boe rosse e vi si può accedere a nuoto oppure accompagnati dal gozzo corredato da una lente che ne permette l’osservazione anche senza bagnarsi.

 


Ritornando ai profumi, questa volta mescolati con i sapori, vi consiglio si soffermarvi sotto il limoneto del ristorante “da Laura” dove i piatti tipici della cucina ligure si intrecceranno agli odori delle piante aromatiche del giardino; sarà il basilico ad farla da padrone se sceglierete i famosissimi “mandilli de saea”, che letteralmente significa fazzoletti di seta, cioè la pasta delle lasagne sbollentata in acqua salata e condita con il pesto! Ma anche le note acidule delle acciughe al limone, una vera prelibatezza, accompagnate da un bicchiere di vino bianco, un profumatissimo Vermentino ligure con note fruttate, io sento tantissimo la mela, e aromatiche dai sentori di timo. Chiuderei con la fresca rotondità delle pesche al gelato alla crema oppure con una sferzata di tiramisù o direttamente un bell’affogato al caffè!

 

Prima di lasciare la piazzetta potete soffermarvi a leggere la targa dedicata a Caterina e Maria Avegno, che nel 1855 diedero la vita per salvare i marinai del piroscafo inglese che prese fuoco proprio davanti alla baia; per onorare questo sacrificio il Principe Doria autorizzò la sepoltura delle due sorelle nella cripta dell’abbazia di fianco alle tombe dei suoi famigliari e il governo del Regno di Sardegna nel 1855 concesse a Maria la medaglia d’oro al valore civile facendone la prima donna italiana a ricevere una così alta onoreficienza.

 

L'Abbazia vista dal sentiero che porta al mulino

Ricapitolando a San Fruttuoso si intrecciano tante storie e tanti profumi che ci trasportano nell’arco dei secoli in una comunione tra natura, spiritualità e cultura che ci permette di vivere qualche ora o qualche giorno al di fuori del tempo.

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